Da millenni la viticoltura è radicata sul territorio del Parco e ha contribuito a plasmarne il paesaggio. L'intima interazione vite-natura-uomo ha generato nel corso dei secoli varietà di vite adattate allo specifico territorio, frutto del sapere collettivo della comunità umana su di esso radicata, e di cui l'Italia intera è incredibilmente ricca.
Ma in epoca moderna, la cresciuta importanza economica del prodotto vino, l’omologazione dei gusti del consumatore verso vini con caratteristiche ben precise, il confronto con un mercato globale, soprattutto extra-europeo, che può sfruttare vaste superfici e manodopera a basso costo, ha indotto il sistema produttivo a privilegiare quei vitigni di facile commercializzazione, riducendo l’interesse per le varietà di antica coltivazione, relegandole al ruolo di vitigni minori. Questa dinamica ha condotto ad una drastica riduzione delle varietà di vitigni coltivati in ogni regione italiana, determinando l’abbandono dei vitigni locali, ed andando così ad erodere la biodiversità agricola della viticoltura italiana.
Negli ultimi anni, tuttavia, si sta osservando un'inversione di tendenza con il recupero del binomio vitigno-territorio, fondamentale per la tipicizzazione e la differenziazione della produzione enologica italiana rispetto al mercato mondiale. La concorrenzialità dei prodotti agricoli italiani sfrutta sempre più il concetto di "tipicità", ossia il grande legame che essi hanno con il territorio da cui prendono origine, anche nell’ottica di un’agricoltura sempre più rispettosa dell’ambiente.In questo contesto di presa di coscienza delle potenzialità dei vitigni minori prende le mosse il progetto del Parco, guidato dallo slogan "Dai vitigni del passato i vini del futuro".
Il progetto si pone un duplice obiettivo: da un lato conservare la biodiversità agricola della piattaforma vitivinicola del territorio del Parco, dall'altro offrire ai produttori locali la possibilità di distinguersi sul mercato con una valida proposta commerciale, di difficile imitazione, basata sull’utilizzo dei migliori vitigni emergenti dal progetto.
Il progetto è iniziato nel 2008 e ad oggi sono state realizzate le seguenti fasi:
I fase - Ricerche in campo per l'individuazione dei vitigni minori
II fase- Realizzazione di un campo-collezione delle accessioni rinvenute nella prima fase
III fase - Prima caratterrizzazione morfologica, fisiologica ed enologica delle accessioni presenti nel campo-collezione
IV Fase - Caratterizzazione genetica delle accessioni presenti nel campo-collezione per l'individuazione di vitigni autoctoni
V Fase - Riconoscimento tecnico-giuridico dei vitigni autoctoni, secondo la normativa italiana ed europea, al fine del loro uso commerciale. Quest'ultima fase è in corso di realizzazione.
Il progetto ha consentito di identificare tra le accessioni presenti nel campo-collezione 6 ritrovati vegetali con germoplasma non ancora riconosciuto ufficialmente, seppur riportati in cataloghi internazionali a carattere esclusivamente scientifico (vedasi il VIVC “Vitis International Variety Catalogue”). Fra questi il vitigno Santa Sofia, la cui presenza nella collezione del Parco conferma la sua esclusiva diffusione e appartenenza ai luoghi che un tempo rappresentavano l’antica Enotria di cui faceva parte la Campania, insieme alla vicina Basilicata e Calabria. Il ritrovamento del vitigno nel territorio del Parco è stato segnalato nel fascicolo tecnico che ha consentito l'iscrizione del vitigno nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite e nel Catalogo della Regione Campania delle uve da vino.
Infine, di notevole importanza è la scoperta di ben 7 nuovi profili molecolari non riscontrabili in nessun catalogo nazionale od europeo. Per questi 7 nuovi profili molecolari, che possiamo definire “I vitigni del Parco”, si sta procedendo alla caratterizzazione morfologica ed agronomica, per poi saggiarne le potenzialità enologiche, così da mettere a disposizione dei viticoltori dell’area protetta materiale di moltiplicazione vegetativa per la realizzazione di vigneti commerciali.