Santa Maria di Castellabate

L’Area Marina Protetta di Santa Maria di Castellabate, istituita nel 2009 all’interno del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni, si estende su una vasta superficie di 7.095,00 ettari di mare e 2 ettari di costa, ed è un tesoro di biodiversità destinato alla preservazione della sua bellezza naturale.

 

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La flora e la fauna di questo tratto di costa sono semplicemente straordinarie. Nel fondale marino di Castellabate, è possibile ammirare la magnificenza della Posidonia Oceanica, habitat protettivo per molte specie di pesci e crostacei. Madrepore, gorgonie, ricci di mare, briozoi e spugne costituiscono il sogno di ogni nuotatore appassionato di natura.

L‘Area Marina Protetta è suddivisa in tre diverse zone, ognuna sottoposta a un diverso regime di tutela ambientale e di conservazione, tenendo conto delle caratteristiche naturali e della situazione socioeconomica esistente. 

La Zona A, la riserva integrale, è la più tutelata e la balneazione è vietata

La Zona B, invece, la riserva generale, consente la balneazione e la navigazione, a patto che la velocità non superi i 5 nodi. La Sottozona B1, una zona limitata situata nei pressi della pineta di Licosa, è un luogo di straordinaria bellezza. 

Infine, la Zona C, riserva parziale, presenta limitazioni circoscritte.

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Flora e Fauna

Il territorio presenta una ricchezza floristica e faunistica non indifferente: sono presenti, infatti, alcune specie animali e vegetali uniche al mondo e perciò soggette a particolari forme di tutela.

Nei fondali marini si incontrano il corallino e praterie estese di Posidonia Oceanica, nel cui interno si proteggono e si cibano numerose specie di pesci e crostacei, alcune anche molto rare come quella del Pesce pappagallo mediterraneo e della Siriella Castellabatensis, ma anche bellissime madrepore, gorgonie, briozoi e spugne

Spesso nella Baia Arena di Ogliastro Marina si assiste anche alla deposizione di numerose uova di tartaruga del tipo Caretta Caretta. Tipica del luogo è la “rossa di Licosa”, come la chiamano i pescatori locali, una triglia di scoglio che vive nello specchio d’acqua tra Ogliastro Marina e Punta Licosa.

 

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La triglia rossa, recentemente inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), ha proprio qui il suo ambiente favorevole da cui derivano le qualità dal sapore unico.

 Nei territori che non costeggiano il mare prevalgono gli alberi simbolo del Cilento: l’ulivo e il fico. E poi il giglio di mare (il Pancratium maritimum), un fiore selvatico che cresce spontaneamente sui litorali sabbiosi.

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Flysch del Cilento

Il territorio di Castellabate, soprattutto nella zona costiera di Licosa ed Ogliastro Marina, è caratterizzato dalla presenza del “Flysch del Cilento“, una rarissima tipologia di roccia composta da diverse stratificazioni (costituite tipicamente da alternanze cicliche di livelli di arenaria, di argilla o marna, di calcare) che assumono colori davvero molto particolari e caratteristici.

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La sua origine è antichissima, risale infatti addirittura all’epoca preistorica. Si sono formati grazie all’azione dell’erosione delle montagne in formazione che sono emerse dal mare, i cui detriti sono finiti poi nelle adiacenze dei bacini marini.

Le rocce, ben visibili in superficie a ridosso delle coste immerse nella macchia mediterranea, degradano lentamente nel mare, estendendosi anche per oltre cinque miglia verso il largo.

Nei fondali questa particolare conformazione rocciosa sedimentaria è formata da numerosissime cavità e spaccature che vengono utilizzate come rifugio da numerose specie di fauna e flora marina come posidonie oceaniche, alcionacei, cernie, saraghi, murene e aragoste.

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Licosa, l’isola del mito

L’isola di Licosa, riconosciuta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC), rappresenta il sito naturale più caratteristico della zona. Le sue acque sono la dimora dei resti sommersi della città omonima, di origine greco-romana.

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In particolare, sono visibili i resti di una villa romana e di una vasca per l’allevamento delle murene, risalenti ad un periodo compreso tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C

Sull’isola, dove svetta il faro e il rudere della casa del guardiano del faro, sono stati scoperti diversi reperti risalenti all’epoca greco-romana.

Il nome “Licosa” deriverebbe dalla sirena Leucosia, che, secondo autori come Licofrone, Strabone e Plinio il Vecchio, avrebbe vissuto e sarebbe stata sepolta sull’isola dopo essersi gettata in mare. Anche Omero, nell’Odissea, menziona l’isola delle sirene dal canto ammaliatore, che furono beffate da Ulisse e dal suo equipaggio.

Aristotele racconta della presenza sull’isola di un tempio dedicato a Leucotea, identificata con Leucosia. Altri autori, come Dionigi di Alicarnasso e Sesto Pompeo Festo, sostengono che il nome “Licosa” derivi da una cugina o una nipote di Enea, sepolta sull’isoletta (“Leucosia insula dicta est a consobrina Aeneae ibi sepulta”).

L’isola ospita l’habitat naturale di una particolare specie di lucertola endemica con livrea verde e azzurra, la Podarcis sicula klemmeri. Durante la migrazione, è possibile osservare anche il Gabbiano corso (Larus audouinii), una specie endemica dell’area del Mediterraneo.

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Porto Greco-Romano

I resti di un approdo greco-romano affiorano dalle acque di San Marco in prossimità della struttura portuale moderna, costruita nel 1954.

Il primo nucleo abitativo del paese si è costituito proprio intorno a questa struttura. Il porto di San Marco, identificata con l’antica città romana di Erculea, veniva considerato il principale scalo di approvvigionamento per le imbarcazioni dirette al porto di Miseno nonché base militare o sito di appoggio per la flotta imperiale.

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Ultimo aggiornamento

3 Ottobre 2023, 11:14